Fa ancora fatica a prendere piede la blockchain nell’ortofrutta
La blockchain – tecnologia hardware e software organizzativa che permette di registrare qualsiasi dato in maniera inalterabile – fatica ancora a prendere piede tra le realtà ortofrutticole e in generale dell’agroalimentare. I progetti della filiera italiana si contano infatti sulle dita delle mani e riguardano prevalentemente iniziative “pilota” rivolte a scopi di marketing e comunicazione.
Le aziende di software specializzate nel settore ortofrutticolo e agroalimentare in generale, sono comunque pronte per rispondere alla crescita della domanda che, prima o poi, si pensa che possa esplodere.
Già nel 2020 QGS ha concluso la fase progettuale per portare i propri software verso la blockchain.
"Siamo pronti per fare il salto in produzione che, chiaramente, faremo quando ci sarà una domanda più strutturata”
Fino ad oggi i grandi produttori italiani di ortofrutta non si sono dimostrati molto attratti dalla blockchain, che consente di dare maggiore certezza e sicurezza su quanto si comunica ad altri attori della filiera e alla società.
La blockchain è infatti una sorta di paradigma che si fonda sulla logica dei registri notarili.
Ogni volta che viene “scritto” un determinato dato nel sistema, la sua modifica o cancellazione può essere decisa solo da una valutazione dell’intera comunità di aziende che si affaccia alla blockchain. Ecco perchè un sistema di questo tipo dovrebbe prevedere sempre più di un proprietario.
Per dare slancio alla blockchain è fondamentale il ruolo della GDO e della Pubblica Amministrazione nel favorire la ripartizione dei costi di realizzo ed interfacciamento.
La GDO potrebbe collaborare con i grandi produttori italiani di prodotti agroalimentari e ortofrutticoli per spartirsi le spese ed avviare progetti su vasta scala, mentre il Governo potrebbe attivare linee di finanziamento specifiche o misure di sostegno economico per incentivare l’adozione della tecnologia.
La filiera italiana del food è rappresentata largamente da un tessuto di persone oneste. Potrebbe essere una grande opportunità fare vedere al mondo che, oltre a garantire la tracciabilità e rintracciabilità delle nostre produzioni, l’Italia è ai vertici anche nel certificare la certezza dei propri dati. La tecnologia è applicabile in qualsiasi attività della filiera, dal seme al campo, dal magazzino alla logistica, fino ad arrivare al punto di vendita. In campagna, ad esempio, si possono interfacciare a blockchain sensori di campo e mezzi agricoli. In magazzino, al tempo stesso, si può certificare l’origine territoriale della partita, il metodo di produzione, i risultati delle analisi e così via. Le possibilità di impiego sono davvero infinite.